Artesias, un tavolo rotondo dalle dimensioni generose, caratterizzato da una base centrale che ricorda il cactus da cui prende il nome. È, infatti, composta da sei pannelli in legno curvato, a forma di spicchio, applicati a sbalzo sul plinto centrale.
I pannelli sono realizzati con la particolare tecnica dello stampaggio 3d. Il piano (160 o 180 cm), dal bordo arrotondato, nella versione in essenza è suddiviso in quattro spicchi che danno luogo a un interessante disegno geometrico. Asterias dispone inoltre di un pratico accessorio: un piatto girevole centrale (Lazy Susan), molto apprezzato nei paesi asiatici.
Ha raccontato l’Oriente che dal passato millenario diventava ipermodernità spinta, cortocircuito, energia dirompente; ha ascoltato la conoscenza dei sinologi; ha sperimentato la tecnica del fuoco selettivo che smaterializza, rende concettuale, trasforma in astrazione e modello ogni rappresentazione.
Nelle immagini di Olivo Barbieri c’è l’intelligenza della composizione, la libertà dei salti linguistici, la coabitazione dei significati e delle estetiche, il disassamento del tempo e della storia - trattenuto in un flipper, in una vista notturna, in una visione dall’alto in volo. Così la densità del mondo e di quell’Oriente interiore atterra su un tavolo e lo attiva - con la mobilità potenziata che accoglie nutrimenti rotanti e psicologie che scombussolano i commensali.
Al centro della scena orizzontale, statico e totemico nella rarefazione lattiginosa dello spazio, quel tavolo ospita il ribaltamento, lo scambio tra proporzioni e percezioni, il processo di ri-composizione infinita dei punti di fuoco. Avvolto e guidato da una presenza verticale dinamica, un’astrazione in bianco e nero che accarezza la superficie che si fa schermo, possibile convivio, comunità. Nel movimento circolare infinito, nel dialogo siderale tra i bianchi, irrompe un sentimento intimo, domestico, il marrone dell’imballaggio, il cartone come tappeto e ancoraggio, rimembranza guscio e memoria di tanti arrivi e partenze.
Olivo Barbieri
È tra gli artisti italiani più celebrati in ambito internazionale. Dal 1971 si occupa di immagini: realizza Flippers 1977-1978, e nel 1984 partecipa a Viaggio in Italia- Bari 1984. Nei primi anni Ottanta inizia la serie sull’illuminazione artificiale nelle città europee e orientali, e dal 1989 viaggia costantemente in Oriente, soprattutto in Cina, sviluppando una ricerca - ancora in corso - sui grandi cambiamenti e la loro rappresentazione.
Nel 1996 il Folkwang Museum di Essen gli dedica la prima retrospettiva. Dalla metà degli anni Novanta adotta una tecnica fotografica che gli permette di mantenere a fuoco solo alcuni punti dell’immagine. Nel 2003 inizia il progetto site specific che coinvolge 40 città nel mondo. Le serie site specific (2003-2013), Parks (2003-2014), Real Words (2008-2013), Images (1978-2007), Virtual Truths (1996-2002) e Artificial Illuminations (1980-2014) hanno in comune la riflessione sulla quantità di realtà presente nel nostro sistema di vita, sulla sua percezione e comprensione. Nel 2015 realizza il film La Città Perfetta, presentato alla retrospettiva Olivo Barbieri. Images 1978-2014 al MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo.