1980, Salone del Mobile di Milano: nello stand Molteni c’è un oggetto singolare, una sorta di cabina da mare, che si chiama appunto Cabina dell’Elba e viene definito un armadio. Lo ha disegnato Aldo Rossi, forse all’epoca l’architetto italiano pi noto internazionalmente e più discusso in Italia, e lo ha desunto da suoi precedenti disegni (si veda il disegno Cabine dell’Elba del 1973). Si noti che l’anno prima Vico Magistretti ha vinto il Compasso d’oro con la lampada Atollo, costruita su forme geometriche semplici, un cilindro, un cono, una sfera, subito acquistata dal Moma di New York e divenuta l’ultima (forse) icona del design italiano di matrice razionalista; mentre, d’altro canto, Memphis e Alchimia vanno presentando i loro oggetti colorati, aggressivi e sghembi, neofuturisti o postradical, che dir si voglia.
L’oggetto di Rossi sembra definire la possibilità di un percorso altro. Un percorso in cui negli oggetti, diversamente dall’astrazione razionalista o dagli assemblage neofuturisti, si possa rileggere la storia delle forme e delle tipologie, tornino a manifestarsi memorie autobiografiche, si tenda a ristabilire un rapporto tra tradizione e futuro. E la cabina, piccola architettura domestica, se certo venata di memorie autobiografiche, ripresenta d’altro canto, anche nei colori tenui, ricordi della pittura degli anni trenta, del rappel è l’ordre, delle spiagge assorte di Carrà, ad esempio. Dopo di allora Rossi, sull’arco di una quindicina d’anni, disegna una serie di mobili per Molteni.