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In my SKiN

Mar 2008
Francesca Molteni
In my SKiN

Jean Nouvel è il vincitore del Premio Pritzker 2008, il Nobel dell’architettura. Dopo Aldo Rossi, nel 1990, Alvaro Siza (1992), Renzo Piano (1998) e Norman Foster (1999) un’altra collaborazione eccellente del Gruppo Molteni riceve il prestigioso riconoscimento. La giuria ha premiato Jean Nouvel per “il coraggio nel perseguire idee nuove, sfidando la tradizione, per l’immaginazione, l’esuberanza e, soprattutto, per l’inarrestabile esigenza di sperimentazione creativa”. La cerimonia di premiazione si terrà ingiugno a Washington.

In occasione dell’edizione 2008 di Maison & Object, Molteni&C ha proposto, nello showroom di Rue des Saints Pères, un’installazione dedicata all’architetto Jean Nouvel che, con i suoi progetti, ha profondamente contribuito a ripensare l’ambiente urbano contemporaneo.
É qui che viene presentato, in anteprima mondiale, il sistema di sedute SKiN: divano, poltrona e pouff.

Come nasce la collezione SKiN che ha disegnato per Molteni&C?


SKiN è nato da un progetto di architettura, il Museo di Quay Branly a Parigi, disegnato da me e realizzato nelle parti interne dal Gruppo Molteni. Nel Museo ci sono grandi pareti, attrezzate con sistemi di comunicazione, che assomigliano a un serpente che si snoda nell’architettura. Una forma non casuale, visto che nel Museo ci sono oggetti provenienti dalle civiltà primitive dell’Africa, dell’Oceania, delle Americhe. La collezione Skin è nata da forme venute da un “altrove”.

Perché ha scelto un materiale come il cuoio?

SKiN è una forma che si crea con l’uso: una collezione - una poltrona e un divano - che si costruisce nel tempo. E a questo contribuisce anche il materiale, il cuoio. Anzi, un divano per me è il cuoio. L’idea era di partire dalla forma che poteva assumere la pelle. Inoltre la pelle ha di meraviglioso che è un materiale che acquisisce una patina, che “si plasma” con il tempo. A questo punto il problema era ottenere il giusto grado di elasticità. Anche quando non si è seduti, su questo tipo di divano, si sente il peso di chi c’è stato. Ed è bello, per esempio, nelle poltrone avvolgenti notare i segni di una presenza.
Ci si siede più volentieri perché la pelle è più vissuta, più morbida e più comoda. SKiN è l’espressione del desiderio di giocare con la pelle.
SKiN non è un oggetto d’arredo ma una struttura nello spazio. C’è infatti anche la perforazione, il taglio, l’incisione nella pelle che permette il passaggio della luce, e quindi l’ombra della seduta e della struttura sul pavimento. Si sono poi cercati materiali complementari, scelti sempre per la loro tattilità. Si è pensato al feltro.

Disegnare un arredo è come progettare un edificio?

No, un mobile non è come un edificio. La differenza sostanziale per me è che di un edificio si sa esattamente e per sempre dove si trova, un mobile invece non si sa mai dov’è, né dove sarà collocato. Un mobile è l’espressione di un desiderio, di una sensazione, è una testimonianza legata a una determinata epoca. Ci sono tecniche che permettono di realizzare oggi quell’oggetto, e non quindici anni fa. SKiN testimonia che nei primi anni del 2000 qualcuno si è interessato alla pelle, al cuoio piegato, “costretto” in una forma, al punto che non resta altro che la pelle piegata.

Lei collabora da anni con il Gruppo Molteni. Avete progettato insieme il tavolo Less, la libreria Graduate e ora la collezione SkiN. Cosa significa per lei questa collaborazione?


Lavorare con il Gruppo Molteni significa lavorare con aziende e con persone che hanno una coscienza professionale e un’esperienza che è il sogno di tutti gli architetti. Io parto da un’idea, la discutiamo, la plasmiamo. Credo sia questo il modo per ottenere risultati, qualche cosa che però non è mai “al centro della strada”. Del resto quello che mi interessa è se mai quello che c’è al lato della strada, perché lì si cammina piu’ svelti. Noi non seguiamo molto i sentieri battuti. Cerchiamo di trovare le tecniche adatte per sviluppare un’idea che non fa parte automaticamente del principio di produzione. Poi i dettagli si vedono in laboratorio. Si fa un bozzetto in legno, si corregge, si rifà: è un approccio in un certo senso empirico ma consente di far prendere forma all’oggetto.

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