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Le feste sono un momento dedicato a condividere cibo, bevande e momenti di gioia, in cui mettiamo al centro la convivialità. Ma, vista la crescente consapevolezza sul tema dello spreco di cibo, in che modo possiamo ripensare i banchetti festivi per renderli più sostenibili? Per scoprirlo, M Magazine ha chiamato a raccolta alcuni tra i principali pensatori e food designer da tutto il mondo.
Molte delle nostre tradizioni legate alle celebrazioni festive sono radicate nell'idea di abbondanza: famiglie e amici si riuniscono per far festa, condividere pietanze e brindare alla salute e alla felicità gli uni degli altri. Le tavole gemono sotto una profusione di pietanze e torri di piatti offrono con generosità i prodotti di stagione.
Per diverse culture in tutto il mondo, lo spirito delle feste viene rappresentato dalla cornucopia: simbolo di abbondanza per le culture dell'antichità classica, è rappresentata da un corno straripante dei prodotti del raccolto. Crediamo che durante le feste i bisogni e i desideri di ognuno debbano essere soddisfatti. Eppure, in una simile epoca di cambiamenti, come possiamo riconciliare gli ideali di abbondanza, fortuna e ricchezza della cornucopia con il bisogno di una società che funzioni in modo sostenibile? Si ritiene che un terzo degli alimenti prodotti oggi nel mondo è destinato ad andare perso o sprecato e le feste, oltre a celebrare abbondanza e ricchezza, possono portare in superficie i nostri peggiori istinti.
Tuttavia, quest'anno Molteni&C ha deciso di esplorare il potenziale di una nuova e più sostenibile forma di convivialità. Il brand ha collaborato con Csaba dalla Zorza, nota food writer e art director, per creare un shooting dedicato alle feste che presenti un modo di celebrare più consapevole, in grado di avvicinare le persone e raccoglierle in spazi conviviali che mettano al primo posto i rapporti umani invece di un consumismo sconsiderato.
Per approfondire la questione, M Magazine ha invitato dalla Zorza e tre tra i principali food designer in Europa, Asia e Stati Uniti: Marije Vogelzang, Leyu Li e Emilie Baltz. Di seguito una selezione dei testi nati da questa conversazione.
M Magazine: I concetti di eccesso e abbondanza sono parte integrante del modo in cui consideriamo il periodo delle feste. Credi che i festeggiamenti possano evolvere in modo diverso o l'idea di abbondanza è radicata troppo in profondità nel concetto di festa?
Emilie Baltz: La prima cosa che mi viene in mente, in realtà, è una forma di celebrazione che si colloca all'opposto dei festeggiamenti in pompa magna, e cioè l'esercizio dell'uvetta. Si tratta di una pratica di meditazione in cui si mangia un chicco di uvetta cercando di percepirlo a pieno con tutti i propri sensi. Analizzare sempre più a fondo ogni dettaglio di un oggetto così piccolo ci permette di celebrarne l'essenza. Mi chiedo quindi se i momenti di convivialità debbano per forza essere definiti in base alla quantità. Le feste devono svolgersi per forza all'interno del tradizionale paradigma dell'abbondanza?
Marije Vogelzang: Una domanda davvero interessante: quando usiamo la parola “abbondanza” tendiamo a pensarla in relazione al cibo. Ma il cibo è un elemento già presente in grandi quantità nella nostra vita quotidiana. La vera abbondanza sarebbe avere più tempo o relazioni umane più ricche, il tipo di cose di cui sentiamo la mancanza. Quindi potremmo considerare il vero valore delle feste come la possibilità di essere in relazione l'uno con l'altro. Ciò che manca nella nostra vita non è il cibo, ma un senso di sorpresa e una comunicazione autentica. È questo il tipo di abbondanza a cui dobbiamo puntare.
Csaba dalla Zorza: Penso che tu abbia perfettamente ragione. La scarsità è anche una questione di aspettative. Quello che ci serve è la capacità di restare in attesa di essere sorpresi da qualcosa. Tutto ci sembra noioso perché c'è abbondanza di tutto. L'abbondanza in sé non è un elemento negativo, a patto di non darsi allo spreco, il problema è che non siamo in grado di apprezzare ciò che abbiamo. Sentiamo la mancanza di un senso di aspettativa e gratitudine.
Leyu Li: Sono cresciuta in Cina e, durante la mia infanzia, l'abbondanza era sempre accompagnata da aspettative. All'epoca, mio zio passava un anno a nutrire e allevare un maiale che poi veniva mangiato da tutta la famiglia durante il Capodanno Cinese. Oggi potrei acquistare quella carne senza problemi, ma mi resta nel cuore quel senso di attesa e aspettativa.
Emilie: Credo che ripensare l'esperienza festiva debba per forza partire da una definizione delle aspettative. Perché celebrare l'abbondanza se non in contrapposizione a un senso di scarsità altrimenti? L'esperienza deve nascere dal desiderio: costruire queste aspettative costituisce una parte importante della gioia provata durante le feste.
Csaba: Questo atteggiamento è importante, perché il cibo non è solo cibo per noi, è uno strumento che usiamo per costruire momenti di convivialità. Usiamo il cibo anche per gli affari, ad esempio quando invitiamo un cliente o un socio al ristorante per chiudere un affare, e per costruire relazioni sociali condividendo un caffè o un aperitivo. Il cibo è la base della convivialità ed è una risorsa che possediamo in abbondanza, ma è anche una chiave che apre la porta a diverse opportunità.
M Magazine: Cosa significa per te convivialità?
Marije: I momenti di convivialità inviano al cervello una scarica di dopamina, un boost di energia che viene dalla consapevolezza che stiamo facendo la cosa giusta nel condividere ciò che abbiamo con gli altri. Non importa da quale cultura si provenga: tutti noi desideriamo quel momento. È questo il suo vero potere: come designer, quando creiamo un ambiente che favorisce la convivialità sappiamo che sarà in grado di regalare alle persone un'esperienza profonda.
Leyu: È l'essenza dell'unione.
Emilie: Uno spazio conviviale funge da lubrificante sociale perché non genera tensione, non ci mette a disagio e non richiede una discussione politica. Se a questa visione aggiungiamo l'elemento della sostenibilità, è legittimo chiedersi quali possano essere le conseguenze. Credo tuttavia che la convivialità possa permetterci di conoscere estranei, il che è bellissimo, e anche di approfondire relazioni e comportamenti.
M Magazine: Come pensa di promuovere questo senso di unione in relazione alla sostenibilità?
Marije: La chiave sta nel pensiero creativo. Siamo tutti capaci di pensiero creativo: se chiudiamo gli occhi, siamo in grado di vedere mondi completamente nuovi. Se riusciamo ad attingere a questa riserva, possiamo creare nuove cose. In realtà penso che tutta questa abbondanza sia un segno di pigrizia: chi è capace di pensiero creativo è in grado di creare meraviglie anche partendo dagli ingredienti più semplici. Se riusciamo a creare questo tipo di esperienze, saremo in grado di semplificare per tutti il passaggio a un modo di festeggiare più sostenibile.
Emilie: L'aspetto interessante di una parola come "convivialità" è che è indica una serie di comportamenti diversi. Incoraggiando esperienze diverse possiamo generare cambiamenti positivi e incrementare i comportamenti sostenibili. Dov'è l'empatia nella pratica del design? E le opportunità di ascolto, scambio e generosità? Si tratta di creare un nuovo punto di vista per affrontare queste discussioni.
Leyu: Il ruolo della speculazione o dell'immaginazione è molto potente in questo senso. È uno strumento che possiamo usare per rendere reale l'irreale e invitare il futuro ad essere presente. Il design e il pensiero speculativo creano strumenti per raccontare storie, rendendo reali scenari immaginari nel presente.
Csaba: Consumare di meno e rispettare gli altri sono le basi della sostenibilità e i principali elementi di una storia di cui tutti facciamo parte. Durante le festività non è necessario comportarsi come abbiamo sempre fatto e seguire la tradizione, perché non sempre le tradizioni rappresentano la scelta giusta. Dobbiamo scegliere cosa abbracciare dal passato e dal presente e cosa scegliere per il futuro. È necessario costruire nuove tradizioni più sostenibili.
M Magazine: Credi che ce la faremo?
Leyu: Le tradizioni possono nascere rapidamente. In Cina si è iniziato a mangiare mele a Natale perché la pronuncia di "mela" in cinese è simile a quella di "sicurezza", quindi il frutto è diventato un simbolo di fortuna associato al Natale. Le tradizioni non devono per forza nascere da una storia lunga. I momenti di festa sono essenziali a prescindere dalla cultura di provenienza, ma è importante riconsiderare ciò che mangiamo durante questi momenti. Alcuni alimenti ci offrono diverse possibilità, ad esempio i ravioli: ci sono tanti modi diversi di cucinarli e possono essere conservati a lungo. Credo sia possibile trovare un equilibrio e concentrarci su cibi ottimi da gustare sul momento, ma anche come avanzi.
Marije: In molti credono che le tradizioni siano realtà immutabili, ma chi lo dice? Le tradizioni nascono, si sviluppano e mutano nel corso del tempo, e a volte alla base di una usanza si trovano motivazioni anche piuttosto sciocche. In qualità di designer, possiamo contribuire a creare nuove tradizioni, usanze che abbiano un senso ma che regalino anche il piacere del cibo e della compagnia.
Csaba: Il mio lavoro mira anche a cancellare la pigrizia nei confronti del cibo e, come si è detto, l'immaginazione e la creatività sono la chiave. Anche qui in Italia, dove stagionalità e sostenibilità sono temi molto sentiti, le persone possono essere molto pigre. Consideriamo ad esempio che circa il 25% di tutto il cibo acquistato nei negozi italiani viene sprecato, una quantità enorme.
M Magazine: Molte delle questioni di cui parliamo vanno ben oltre il cibo: rifiuti, uso delle risorse, interazione sociale. Che cosa rende il cibo un ottimo veicolo per queste discussioni più ampie?
Emilie: Il cibo è l'unica cosa che facciamo più volte al giorno. L'ho sempre considerato come un allenamento sicuro per il resto della nostra vita. Gli spazi del cibo sono i luoghi in cui costruiamo la memoria muscolare, perché se gli attribuiamo un nuovo significato e poi lo ripetiamo più volte al giorno, ha un impatto enorme in termini di cambiamento comportamentale, perché è un'esperienza incarnata. Le esperienze incarnate sono quelle in cui il cibo è profondamente potente, e le celebrazioni sono una sorta di apice di questo sentimento.
Leyu: Mangiare è un'incarnazione della scelta, perciò è così importante dare importanza a ciò che mettiamo nel nostro corpo. Progettare intorno al cibo mette in evidenza l'idea o il processo di scelta. La natura del mangiare mi affascina perché le scelte fatte in merito a cosa mangiare ci raccontano qualcosa delle persone.
Marije: Sono d'accordo con tutto quello che hai detto. Nel momento in cui si inizia a lavorare con il cibo, ci si rende conto che in realtà dietro c'è molto di più. Si lavora sempre con l'essere umano che mangia, infatti, perché se il cibo non viene mangiato non significa nulla. Credo che questa relazione tra il cibo e l'uomo sia molto interessante, perché il cibo è il materiale più importante del mondo. Senza cibo non possiamo vivere. Quindi è semplice: se siete un designer, il cibo è un ovvio campo di lavoro. Presenta una molteplicità di strati, identità, cultura e connessione, così come attriti e conflitti, politica e paesaggio. Comprende tutto.
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